15 dicembre 2016 - 10 febbraio 2017
Officine Saffi inaugura il 14 dicembre la mostra dedicata al grande artista faentino Carlo Zauli (1926-2002) e al norvegese Torbjørn Kvasbø (1953). Realizzata in collaborazione con il Museo Carlo Zauli e con il patrocinio del Reale Consolato Generale di Norvegia, la mostra Geometria del disordine rievoca "nell’incrocio tra le esperienze ormai storiche di Carlo Zauli e quelle tutte contemporanee di Torbjørn Kvasbø, il titolo di una raccolta poetica tra le più intense degli ultimi decenni, Geometria del disordine di Maria Luisa Spaziani.” “Figli di generazioni e di geografie diverse, ma d’animo per molti versi affine, Zauli e Kvasbø muovono da uno snodo criticamente cruciale, la negazione della forma preventiva e l’idea di opera non come compimento di un processo fabrile, ma come affermazione della problematicità del processo stesso."

Il nucleo della ricerca di Carlo Zauli è il semplice “grumo” di argilla a cui dà forma esaltandone le misteriose tensioni interne, “le forme naturali invisibili…che respirano ed intendono venire in superficie e vogliono essere”. Nascono così opere come le Zolle, Aratura o i Vasi sconvolti. Testimonianze del profondo legame che l’artista ha con la terra e di cui cerca di cogliere “il segno della e nella terra, della e nella natura capace di imprimere quel senso vitale e costruttivo sempre presente intorno a noi e in noi”. Torbjørn Kvasbø celebra il legame con l’argilla partendo dall’archetipo della forma- contenitore e del suo ruolo nella storia dell’uomo. Una ricerca che vede rinnovare e rivivificare questo materiale in una serie colorata, Stack, che sarà esposta in mostra e che ha come riferimento la classica forma del vaso destrutturata e consegnata ad un nuovo riferimento plastico, attraverso la moltiplicazione di segmenti tubulari composti a spirale. ”Forma che allo stesso tempo è un corpo a sé stante, un torso tridimensionale con i propri gesti e i propri stati d’animo”. Un lavoro consapevole della resistenza della materia sulla quale Kvasbø sa di non avere alcun controllo, e che attraverso il segno si fa interprete degli stati emotivi interiori dell’artista.

“In entrambi lo strappo e la frattura, la lacerazione e la compressione, la torsione e lo schianto…sono in modo estremo e intimamente sofferto, atti amorevoli di liberazione e di complicità più profonda, momenti di ricerca di uno strato più radicalmente decisivo delle ragione di forma… Dar forma e negarla sono, possono essere, a ben vedere, sistole e diastole, movenze compresenti e parimenti necessarie, là dove infine null’altro esista che la tensione, intima e necessitata, dell’opera, quella sua misteriosa e sempre sperata autonomia e identità, che la fa individuo prima e al di là di ogni estetica.”