Officine Saffi, Via Aurelio Saffi 7, 20123, Milan
30 settembre – 9 novembre 2016
opening reception: giovedì, 29 settembre 2016, 18.30
Inaugura giovedì 29 settembre alle Officine Saffi di Milano, la mostra IRINA RAZUMOVSKAYA I MARIKO WADA. Ritual voids. Una indagine urgente sull’ arte contemporanea internazionale che vede due artiste a confront: Irina Razumovskaya (1990, Leningrado, USSR) e Mariko Wada (1972 Osaka, Giappone. Vive in Danimarca dal 1998) ed in dialogo diretto a partire da due differenti regioni contemplative.

Ritual voids esplora l’atto creatore ab originis di queste due scultrici come liturgia di purezza e di continua iniziazione. Non solo un insieme di gesti ma un moto composto da miriadi slanci di interiorità, atti che una volta impressi su forme articolate e non articolate, le trasformano in oggetti biomorfici e metamorfici. Volumi che nello spazio conservano il potere di mantenimento ad uno stato di persistenza plastica, dall’interno del vuoto che le genera.”

scrive Ginevra Bria nel testo critico della mostra. I lavori di Irina Razumovskaya si dividono tra scultura e pittura. L’artista, rievoca forme funzionali, contenitori in itinere utilizzando l’argilla, materiale immortale, poetico ed altamente espressivo. Avendo come punto di partenza la storia della ceramica e la sua educazione classica, la Razumovskaya si lascia andare lavorando istintivamente la materia, utilizzando conoscenze profonde, assimilate, ed assecondando le sue preferenze estetiche. I comportamenti dell’argilla possono essere molto diversi, e per questo motivo l’artista preferisce non aggiungere elementi narrativi ai suoi pezzi, simboli storici che potrebbero generare motivi riconoscibili per l’osservatore, e invece lascia che sia la natura della materia stessa che crei l’immagine, con le sensazioni emotive che ne sono generate. “Quasi all’opposto - afferma l’artista - dipingere, per me, significa catturare le costanti effimere delle cose. Provo sempre a rappresentare il momento o il sentire degli oggetti, dei paesaggi, delle persone, attraverso la fruizione della bellezza fluida delle tempere e dei fortuiti effetti che esse, talvolta, offrono, oppure che io induco. Per me questa miscela di elementi genera un’apparizione evanescente, una freschezza delle pennellate che catturano il momento e il piacere di dipingerlo, come un atto di generosità creato dalla sorpresa di un qualcosa di poetico e profondo”. Le origini giapponesi e l’assimilazione della cultura occidentale danno a Mariko Wada una prospettiva privilegiata della scena dell’arte ceramica internazionale e la realtà di un mondo globalizzato. Negli ultimi anni, con i suoi lavori l’artista ha sondato il ruolo della ceramica in una società sempre più mediata e virtuale. Le caratteristiche fisiche specifiche della ceramica fanno sì che le sue opere diano enfasi alla qualità sia dell’oggetto fisico che dello spazio, due punti cardinali per l’essere umano che sono particolarmente soggetti ad essere mediati. Lavorando con la plasticità organica e l’immediatezza dell’argilla, Mariko crea delle opere che richiedono la presenza fisica dell’osservatore per essere apprezzate, indagando in questo modo il rapporto che si può instaurare tra l’essere umano e gli oggetti ed usando la relazione intima tra ceramica, materia e forma. L’argilla viene lavorata direttamente con le mani in un procedimento intensivo che può durare per ore o anche giorni. La lavorazione lenta e intensa dà una immediatezza particolare alle opere in ceramica, creando un risultato che non è un’immagine, ma piuttosto degli oggetti concreti e fisici che danno un punto fermo all’osservatore, una sensazione di un “qui e ora” incorporea. Ritual voids rappresenta la capacità della Razumovskaya e di Mariko Wada “di attraversare quella zona d’ombra che sussiste nell’atto rituale” – che rappresenta il punto di convergenza verso l’Unità - …“nei diversi gradi di penetrazione del vuoto e di accedere a quelle dimensioni della mente, ai quei labirinti che contemplano il disordine”. Chi fa ritorno da quei luoghi impenetrabili riporta sempre con sé un potere, una facoltà di trascendenza che rende universale l’atto creativo.